Sulla costa orientale del Giappone, 4 centrali nucleari sono state danneggiate dai terremoti incessanti e dallo tsunami del 11 marzo. Tra gli addetti ci sono feriti, irradiati e dispersi e decine di migliaia di abitanti sono stati evacuati.
I reattori a rischio sono ad acqua bollente, più semplici ed economici, ma anche più vecchi. Il vantaggio è che usano l’acqua sia come vettore dell’energia da fissione delle barre d’uranio, che per il sistema di raffreddamento. Il vapore in uscita attiva le turbine, per la produzione di elettricità, entra nel condensatore dove raffredda, ridiventa acqua e ritorna nel reattore. Il problema è che in caso di incidente i danni al circuito di tubature e pompe bloccano il raffreddamento.
Una volta che il reattore si è spento automaticamente, com’è accaduto a quelli in attività, occorre però dissipare il calore che continua a produrre, a volte per settimane, altrimenti le pareti del contenitore e le tubature ne vengono ossidate e danneggiate. Non c’è modo di fermare la reazione con un sistema indipendente, quindi vanno usati sistemi di emergenza, per esempio generatori diesel e iniettori ”manuali”. Ma in Giappone la violenza del sciame sismico e dello tsunami ha danneggiato anche quelli.
lunedì 14 marzo
Fukushima I (Daiichi): qui il livello d’allarme è stato il più elevato. Il refrigerante e l’acqua pura non sono bastati e si prova ad iniettare acqua di mare. Nel reattore 1, senza sapere quanta acqua arriva perché sono rotti gli indicatori di livello e di pressione. Come altrove si sono dovute aprire le valvole del circuito per farne uscire vapore, ma si accumula comunque idrogeno. È questo ad aver causato le esplosioni di sabato mattina nel reattore 1 e nella notte tra domenica e lunedì nel reattore 3. Nelle torri d’uscita, il vapore viene “filtrato” per diminuirne la radioattività catturando gli isotopi più pericolosi. Per ora il vento lo spinge principalmente verso nord/nord-est.
I sei reattori di Fukushima I sono entrati in funzione tra il 1967 e il 1971. Le unità 1, 2, 3 dovevano chiudere e la dismissione doveva iniziare proprio in questi giorni. Il reattore 3 è “freddo”, sulle unità 1, 2 e 4 le operazioni sono ancora in corso.
Fukushima II (Daini): non c’è stata alcuna esplosione e i quattro reattori, dei primi anni ‘80, risultano integri. Per problemi transitori al circuito di raffreddamento, s’è dovuto lasciare uscire il vapore.
Onagawa: ci sono tre reattori del 1984, del 1995 e del 2002, con problemi da anni. E’ stato domato l’incendio che s’era prodotto nelle turbine.
Tokai: la prima centrale costruita in Giappone in funzione dai primi anni ’60, oggi con 11 reattori. Nel reattore 2, il primo entrato in funzione nel paese, il sistema di raffreddamento è interrotto, due generatori d’emergenza su tre sono guasti. È anche il sito di Tokai-mura, l’impianto di arricchimento dell’uranio dove nel 1999 c’è stato un brutto incidente dopo un “risparmio” sulla formazione del personale.
Link
- l’Agenzia internazionale per l’energia nucleare (il direttore Yukiya Amano è giapponese, e anche se si è occupato di nucleare soprattutto nell’ottica del disarmo, conosce bene le centrali del suo paese, e anche la cultura del “salvare la faccia” che a volte impedisce ai loro dirigenti di chiedere aiuto);
- la World Nuclear Association per gli aggiornamenti, è il sito della “confindustria” per così dire, ma non minimizza i rischi;
- La Commissione statunitense per il nucleare
- INES, la scala di valutazione del rischio
- Le centrali nucleari in Giappone
- Wikipedia: c’è una voce ben curata per ogni centrale, più dettagliate e aggiornate quelle in inglese.
La Tokyo Electric Power Company (TEPCO) e la Tohoku Electric Power Co. che gestiscono queste centrali. Non hanno una reputazione di trasparenza e di tempestività nel trasmettere le informazioni (obbligatorie) alla Japanese Nuclear Safety Agency e a quella internazionale di Vienna. In passato i loro responsabili sono stati sanzionati per falsificazione dei dati e, dopo altri terremoti, hanno cercato soprattutto di contenere le fughe di notizie. Questa volta, la catastrofe è tale che potrebbe essere diverso.
Ma come funziona una centrale nucleare?
In breve, una centrale nucleare funziona in modo simile a una centrale termo-elettrica, con la differenza che il vapore necessario a far muovere le turbine viene prodotto nel reattore. All’interno del reattore avviene la fissione nucleare controllata, cioè atomi radioattivi grandi – come l’uranio arricchito o il plutonio, si dividono in altri più piccoli sprigionando energia. Con il calore sprigionato dalla fissione, l’acqua liquida ad alta pressione che passa all’interno del reattore – che ha spesso anche la funzione di refrigerante – si trasforma in vapore . Questo viene quindi inviato verso le turbine, che solitamente sono diverse (divise in alta, media e bassa pressione), le quali sono collegate all’alternatore producendo così energia elettrica.
Il calore
Ora, i problemi di una centrale stanno proprio nella grande quantità di calore che viene sprigionato dalla fissione dei nuclei radioattivi. Vengono impiegati vari sistemi di controllo e refrigeranti così da mantenere una temperatura accettabile all’interno del nocciolo: tipicamente qualche centinaio di gradi centigradi. Perché il sistema funzioni sono necessarie alcune condizioni. Occorre una certa quantità di nuclei che simultaneamente si fissionino, in modo da mantenere la reazione a catena per produrre energia con continuità, e contemporaneamente occorre gestire il processo in modo che l’energia sprigionata non sia eccessiva rispetto a quella che l’acqua sottrae evaporando.
Il nocciolo
La struttura di un reattore nucleare deve quindi prevedere schematicamente: un fornello, detto nocciolo, nel quale si sviluppi la reazione a catena; un efficientissimo sistema di estrazione del calore (raffreddamento) dal nocciolo; una schermatura molto importante per fermare le radiazioni prodotte in modo ineliminabile dal processo di fissione; sistemi di regolazione del processo. Diventano per questo fondamentali le barre di controllo (in genere leghe di argento, cadmio e indio o carburi di boro) che vengono inserite nel nocciolo. Queste vengono calate ad altezza variabile tra le varie barre di combustibile,per rallentare o accelerare la fissione e quindi regolare la potenza del reattore. È inoltre costantemente presente un elemento moderatore, spesso anche con funzione di refrigerante, che rallenta i neutroni in modo che abbiano la velocità corretta per la fissione.
Capita, in caso di incidente, ed è questo il caso del Giappone, che l’acqua presente nel reattore non riesca ad assorbire completamente il calore, causando il surriscaldamento del nocciolo.
SINDROME CINESE - Il nome non è di origine scientifica, ma si riferisce a un ipotesi, fantasiosa dal punto di vista scientifico, che la massa fusa incandescente derivante dalla fusione del nocciolo di un grande reattore a fissione si apra la strada attraverso la Terra sbucando agli antipodi del posto in cui è localizzata la centrale. Adattando notevolmente la geografia si può mettere la Cina agli antipodi degli Stati Uniti, stirando molto di più le leggi della natura si può pensare che il materiale fuso radioattivo si apra la strada attraverso tutta la Terra... Qualche decennio fa c'è stato un film americano intitolato appunto "China syndrome" in cui si ipotizzava proprio questa sequenza. È chiaro che dai film commerciali non si può pretendere rigore scientifico. Resta comunque vero, al di là delle esagerazioni spettacolari, che l'eventuale incidente con fuoriuscita del nocciolo fuso rappresenterebbe un'enorme catastrofe.
Ultimo aggiornamento: 14 marzo, ore 18.00
RispondiEliminaC'è molta incertezza su quanto sta accadendo adesso all'impianto nucleare di Fukushima Daiichi, dove per tre reattori si prospetta la fusione parziale o totale del nocciolo. Alcune fonti danno il fatto per già accaduto, almeno per il reattore "3", rimasto - pare - per ben due volte "a secco" di qualunque liquido di raffreddamento nel corso della giornata (14 marzo), complessivamente per almeno 3 ore.
Mentre dal governo giapponese e dalla Tokyo Electric Power (Tepco) continuano ad affermare che la situazione è critica ma sotto controllo. Le prossime ore ci diranno dove sta la verità, ma intanto, che cosa potrebbe accadere con la fusione del nocciolo?
La fusione del nocciolo avviene quando la temperatura nel reattore non è più sotto controllo e sale rapidamente a oltre 2.000 °C (dai 300 circa di normale operatività).
Quello che chiamiamo "nocciolo" è un insieme di elementi: una struttura di contenimento (la più interna dell'edificio del reattore), le barre di combustibile (vedi il multimedia "I rifiuti nucleari" e gli altri contenuti del nostro "Speciale nucleare"), le barre degli strumenti, i circuiti dell'acqua per la produzione di vapore e per il raffreddamento del combustibile e le barre di moderazione.
A Fukushima, il sisma non ha provocato danni ed è automaticamente entrato in funzione il primo livello di sicurezza, ossia sono state abbassate le barre di controllo/moderazione. Questa procedura interrompe le reazioni nucleari tra le barre di combustibile e in poche ore abbatte la temperatura del reattore fino al 99%. Per raffreddare il residuo 1% è necessaria molta acqua (e parecchio tempo: anche sei, sette mesi).
Lo tsunami ha però messo improvvisamente fuori uso le linee elettriche e le pompe diesel che garantivano il flusso di refrigerante. A quel punto sono entrate in funzione le batterie, che tuttavia hanno una durata limitata. L'Agenzia atomica giapponese ha inviato alcuni camion-generatori per alimentare le pompe, ma questi si sono rivelati insufficienti.
SINDROME CINESE L'aumento di temperatura e di pressione dovuto alla formazione di vapore è stato gestito inizialmente dai tecnici con il rilascio in atmosfera del vapore stesso: ridurre la pressione all'interno del reattore era una condizione indispensabile per poter introdurre nuovo refrigerante. Ma la dissociazione del vapor d'acqua in ossigeno e idrogeno - dovuta alle alte temperature - ha provocato l'esplosione dell'edificio di contenimento esterno del reattore "1" e, oggi, del reattore "3", apparentemente senza provocare danni alle strutture interne.
Con i circuiti di raffreddamento fuori uso i tecnici hanno fatto ricorso a pompe che pescavano direttamente acqua dal mare: acqua "sporca" e ricca di sali, che se da una parte aiutava con la temperatura dall'altra danneggiava il rivestimento delle barre di combustibile. Ma la mancanza di elettricità ha poi ulteriormente ridotto e per qualche ora anche interrotto il flusso d'acqua: stando a diverse fonti ciò avrebbe causato la fusione parziale delle barre di contenimento del combustibile.
Se ciò fosse confermato, il materiale "fuso" starebbe ora colando sulla piattaforma di cemento che regge l'edificio del reattore, senza tuttavia essere in grado di "bucarla", e in uno speciale anello che circonda l'edificio stesso dove dovrebbe circolare acqua.