DAL BLOG: SCIENZA IN CUCINA
Abbiamo spesso parlato di uova in questo blog ma non ci siamo mai soffermati sulle varie tipologie presenti sul mercato. Al supermercato potete trovare uova le cui confezioni recitano le cose più disparate: “allevate a terra”, “biologiche”, “allevate all’aperto” o altro. Che significano?
E quel codice stampigliato su ogni uovo? Quei simboli sono una specie di carta di identità dell’uovo. Il primo numero identifica il metodo con cui sono state allevate le galline ovaiole:
- Tipo 3: le galline sono allevate in gabbie con una superficie minima di 550 cm^2 per gallina (per confronto un foglio A4 ha una superficie di 624 cm^2). Dal 2012 queste gabbie verranno vietate e si dovranno usare gabbie denominate “arricchite”, di almeno 750 cm^2 e dotate di accessori interni come un nido e un bagno di sabbia. In pratica le galline non hanno spazio per muoversi. Hanno cibo e acqua a volontà. Questa uova rappresentano la grande maggioranza tra quelle in commercio.
- Tipo 2: Le galline non stanno in gabbia ma libere a terra. Sono allevate in capannoni chiusi senza accesso all’esterno. La densità massima di galline è di 12 per metro quadro (9 dal 2012). Sono denominate “allevate a terra”.
- Tipo 1: Sono galline che giornalmente hanno accesso all’esterno per razzolare, con uno spazio di almeno 2,5 metri quadri per ovaiola e dotato di nidi, trespoli e lettiere. Quando sono all’interno la densità massima è di 12 per metro quadro (9 dal 2012). Sono le galline “allevate all’aperto” (o “free range” in inglese)
- Tipo 0: Stanno all’esterno per almeno un terzo della loro vita. Quando sono all’esterno hanno a disposizione almeno 4 metri quadri per gallina ovaiola. Nel ricovero all’interno hanno una densità di 6 galline per metro quadro. Sono alimentate con mangime biologico.
Dopo il codice della tipologia di allevamento troviamo il codice della nazione di produzione. Nel caso in fotografia l’uovo è stato prodotto in Italia. (IT). Il nostro paese produce tutte le uova di cui abbiamo bisogno e difficilmente troverete altri codici. Segue poi il codice ISTAT del comune di produzione. L’uovo lì sopra è stato prodotto nel comune di Giavera del Montello (comune 032 della sua provincia). Le due lettere seguenti indicano la provincia di produzione, Treviso (TV = 026, quindi il codice ISTAT completo del comune è 026032). Per finire un numero che identifica l’allevamento e che serve per la tracciabilità.
Il consumatore quindi si trova di fronte ad una gamma di prodotti a prezzi molto diversi ma senza nessuna informazione sulla qualità delle uova prodotte con i vari metodi di allevamento. Ci sono differenze apprezzabili dal consumatore tra uova di tipologia diversa? Alcuni articoli in letteratura affrontano la questione.
Differenze tra uova
Laura Rizzi e collaboratori in “Effect of organic farming on egg quality and welfare of laying hens” hanno indagato l’influenza dell’alimentazione (mangime biologico o convenzionale) e del tipo di allevamento (all’aperto o in gabbia) sulla qualità delle uova.
108 galline ovaiole sono state divise in quattro gruppi. Le galline di due gruppi sono state messe in gabbie da 50×50x50cm, tre galline per gabbia. Gli altri due gruppi di galline sono state messi in due zone all’aperto di 40 metri quadri dotate di pollai e nidi. Due gruppi di galline (uno in gabbia l’altro all’aperto) sono state nutriti con mangime biologico mentre le restanti con mangime convenzionale. Le galline sono state seguite per quattro mesi e periodicamente le uova prodotte sono state misurate e analizzate.
I ricercatori hanno trovato delle piccole differenze nelle caratteristiche fisiche delle uova confrontando le galline allevate all’aperto (indipendentemente dalla loro dieta) con quelle allevate in gabbia. Le uova prodotte da galline in gabbia avevano un po’ più di albume (64-66% del peso dell’uovo rispetto al 62-23%), un po’ meno tuorlo (24% contro 25%). Le galline all’aperto hanno prodotto uova con il guscio più spesso rispetto a quelle allevate in gabbia. Lo spessore del guscio è un parametro commerciale importante perché da quello dipendono le fratture del guscio durante le fasi di lavorazione e trasporto. Le uova da galline in gabbia avevano un albume con indice Haugh più elevato. Questo parametro è collegato alla consistenza dell’albume: più è alto e più l’albume è “bello compatto”, caratteristica apprezzata dai consumatori rispetto invece all’albume che si appiattisce e si diffonde perché “più liquido”. Le galline allevate all’aperto hanno prodotto uova con un tuorlo più intensamente colorato grazie alla possibilità di mangiare dell’erba. Studi precedenti avevano trovato risultati opposti per quel che riguardava il colore del tuorlo e lo spessore del guscio.
Tutti gli animali mostravano buone condizioni di salute. Le galline tenute in gabbia avevano un piumaggio in condizioni peggiori mentre le galline tenute all’aperto avevano la possibilità di esprimere un più alto numero di comportamenti naturali.
Veniamo ora alle caratteristiche chimiche e nutrizionali delle uova. L’analisi chimica del tuorlo e dell’albume dei quattro gruppi non ha mostrato differenze per quel che riguarda il contenuto d’acqua, di proteine, di grassi e di colesterolo. Pare quindi che questi parametri non vengano influenzati dal tipo di dieta o dal sistema di allevamento.
Come dicono i ricercatori “questo conferma l’osservazione frequente che è difficile influenzare le caratteristiche nutrizionali delle uova”
“possiamo concludere che i parametri collegati alla qualità delle uova non dipendono tanto dalla dieta –convenzionale vs biologica- quanto dal sistema di allevamento, dove un miglioramento generale può essere visto in alcuni parametri per le uova prodotte da galline allevate all’aperto, quali la percentuale e lo spessore del guscio, che sono importanti per ridurre le fratture durante la lavorazione e il trasporto, la percentuale di tuorlo, e il colore arancio del tuorlo. L’indice Haugh e il pH dell’albume erano più bassi nel gruppo allevato all’aperto, ma erano comunque valori compatibili per uova di qualità eccellente.”
Differenze al supermercato
Gli studi controllati come quello descritto servono per stabilire, con più rigore possibile, delle correlazioni e, se possibile, delle relazioni di causa ed effetto. Non sono però sempre necessariamente rappresentativi della situazione che il consumatore trova quando deve acquistare dei prodotti perché le variabili in gioco nella produzione sono moltissime. Ecco quindi che un gruppo di ricerca dell’Università di Milano ha effettuato uno studio direttamente su delle uova acquistate al supermercato. Uno studio diretto sulle delle uova acquistate è importante per il consumatore perché la qualità delle uova in vendita non è influenzata solamente dal metodo di produzione ma anche da una serie di fattori, ad esempio il trasporto e le scelte commerciali dei punti vendita con il turnover che può essere molto diverso per uova di tipo diverso.
I ricercatori hanno acquistato 28 campioni di uova tipo A di marche diverse prodotte secondo i quattro metodi classificati dalla legge (10 tipo 0, 6 tipo 1, 6 tipo 2 e 6 tipo 3) in alcuni supermercati dell’Italia del Nord. Ogni campione consisteva di circa 40 uova dello stesso lotto. In Italia il grosso delle uova in commercio è di tipo 3. L’articolo riporta che nel 2008 le uova prodotte con metodi alternativi alle gabbie (0+1+2) rappresentavano il 4% del totale (12% in Europa).
Le uova sono state sottoposte ad una serie minuziosa di analisi per valutare variazioni nella composizione chimica, rotture nel guscio, freschezza e così via. Come forse saprete un parametro collegato alla freschezza di un uovo è la dimensione della sacca contenente aria presente all’interno dell’uovo. Con il tempo la sacca aumenta ed è questo fenomeno alla base del vecchio modo per riconoscere uova fresche mediante immersione in acqua.
Le uova biologiche (tipo 0) hanno mostrato una grandezza media della sacca d’aria simile a quella delle uova da galline allevate all’aperto (tipo 1) ma più grande di quella delle uova di tipo 2 o 3. La minor freschezza delle uova di tipo 0 o 1 potrebbe essere dovuta, suggeriscono i ricercatori, ad un sistema inefficiente di raccolta delle uova, in ritardo rispetto alla deposizione. Il fenomeno della minor freschezza delle uova biologiche era stato riscontrato anche in una ricerca americana, ed era stata messa in relazione al basso turnover delle uova di questo tipo, più costose, in un supermercato.
Esattamente come nello studio descritto in precedenza, la qualità dell’albume è risultata inferiore per le uova biologiche rispetto alle uova di galline in gabbia. Ancora una volta dal punto di vista nutrizionale non sono state riscontrate differenze significative tra le uova di diversa tipologia e anche la minore consistenza dell’albume delle uova bio (la cui origine è ancora da spiegare) è comunque nel range di uova di buona qualità.
Una buona notizia invece per chi le deve montare: le uova biologiche hanno mostrato una quantità superiore di schiuma e una consistenza più elevata.
La percentuale di tuorlo rispetto al totale è risultata la stessa nelle varie tipologie mentre le uova di tipo 3 hanno mostrato una percentuale superiore (14%) di gusci con fratture (incluse microfratture non visibili ad occhio nudo) mentre le uova biologiche la percentuale più bassa (5%).
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Scienza in cucina di Dario Bressanini. Non non è un Blog di cucina. Ce ne sono moltissimi nella blogosfera, di cuoche e cuochi sicuramente più esperti del sottoscritto. E non è neanche un Blog scientifico, non nel senso stretto della parola.
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